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L’altruismo: il vaccino che ci ha lasciato Carlo Urbani con il suo esempio di vita

7' di lettura 30/03/2021 - La vita di Carlo Urbani è stata segnata dall’altruismo. Il medico originario di Castelplanio (19 ottobre 1956) sin da giovane si prodiga come volontario per diverse associazioni fino ad approdare nel 1996 a Medici Senza Frontiere. Appena laureato lavora come medico di base, poi diviene aiuto nel reparto di malattie infettive dell’Ospedale di Macerata, dove rimane dieci anni. Ma sente forte il richiamo di aiutare chi non ha nulla. Con alcuni colleghi organizza, dal 1988-89, dei viaggi in Africa centrale, per portare sostegno ai villaggi meno raggiungibili. La conoscenza diretta della realtà africana gli rivela con chiarezza che le cause di morte nel Terzo Mondo sono malattie facilmente curabili con farmaci che sono introvabili in paesi così poveri. Questa realtà lo coinvolge al punto che decide di lasciare l’ospedale, quando ormai ha la possibilità di diventare primario. Nella sua veste di consulente dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per le malattie parassitarie viene mandato in Cambogia, Laos e, infine, in Vietnam dove scopre la Sars. Si dedica con coraggio alla cura e alle ricerche su questa terribile malattia respiratoria che minaccia il mondo intero. E’ perfettamente consapevole dei rischi che corre, ma il suo forte altruismo lo spinge a dire alla moglie che “Non dobbiamo essere egoisti, io devo pensare agli altri”. Urbani viene contagiato, ma fa in tempo a redigere un protocollo sanitario, quanto mai attuale durante questa crisi pandemica, per contenere un virus letale.

Sono diversi gli elementi in comune tra la Sars-CoV e il Covid 19 (SARS-CoV2). Anche la Sars è una malattia di natura virale che interessa le vie aeree, nota come sindrome acuta respiratoria grave. Si tratta di una patologia contagiosa e potenzialmente mortale che ha causato un'epidemia in Cina fra il 2002 e il 2003 e proprio dalla Cina si è diffusa poi verso altri Paesi. Anche la Sars si diffonde per via aerea, Carlo Urbani intuisce quindi la sua gravità, tanto da allertare le autorità vietnamite affinchè chiudano i confini e dispone le misure di contenimento che abbiamo imparato a conoscere in quest’ultimo anno anche in occidente.

Quel virus gli portò via la vita (Bangkok 29 marzo 2003), ma non ha ucciso i valori che l’hanno sempre animata. L’altruismo è infatti un vaccino incredibile, è il nostro primo vero anticorpo contro le diseguaglianze che ancora esistono nella nostra società. L'altruismo non ha bisogno delle multinazionali farmaceutiche per essere prodotto, ma può e deve essere diffuso il più possibile per riscattare la propria vita e quella degli altri. Spesso le criticità fanno emergere il lato migliore dell’uomo, l’avvento del Covid-19 ha scosso il nostro io, ha rimesso in discussione la nostra stessa esistenza, ma può rappresentare il punto di svolta per costruire una società più equa, dove per esempio non si deve più morire per malattie banali come constatò con amarezza lo stesso Urbani durante le sue prime esperienze da volontario in Africa.

Ma che cosa è l’altruismo? La parola, che deriva dal latino alter (altro), indica il comportamento di chi si preoccupa del bene altrui a prescindere dal proprio. L'attuale emergenza è stata affrontata con tanto altruismo perché non sempre si può fare tutto da soli, ma c’è bisogno dell’aiuto degli altri. Pensiamo ai medici, agli infermieri e al personale sanitario che hanno lavorato senza sosta mettendo la loro vita al nostro servizio. Ma non occorre appartenere ad una categoria per essere altruisti. Lo sono anche i 6,63 milioni di italiani impegnati nel volontariato. C’è chi dona il proprio sangue, chi dona il midollo e persino un proprio organo, ma la stragrande maggioranza dona il proprio tempo per l’altro.

L’origine del termine “altruismo” risale al filosofo francese Auguste Comte, il padre del positivismo, considera l’altruismo come un vivere per gli altri che porta al benessere non solo sociale, ma anche individuale. Per Comte l’altruismo è istintivo in quanto, spingendoci a cooperare e a proteggerci a vicenda, favorisce la conservazione della specie. Il filosofo Arthur Schopenhauer sostiene che l’altruismo abbia origine dalla compassione, dal latino cum patior “soffro con”. La compassione è un sentimento che porta a sentire le sofferenze altrui come proprie e che trova massima espressione nell’amore disinteressato. Il filosofo di Danzica, però ritiene che solo pochissimi individui sono in grado di superare l’innato egoismo che li caratterizza. La compassione è una conquista e non un’inclinazione naturale. Per David Hume invece l’altruismo nasce spontaneamente e si sviluppa nell’uomo perché è insito nella sua natura.

Il Covid 19 ha accentuato la sensazione di vivere in un’epoca di decadenza e confusione, in cui l’uomo sembra aver smarrito le proprie certezze sul senso dell’esistenza. Per ritrovare la bussola, mentre continuiamo a navigare nel mezzo della tempesta pandemica, ci può venire in soccorso Albert Schweitzer, premio Nobel per la Pace (riconoscimento che anche Urbani ritirò nel 1999 con la delegazione di MSF) e filosofo di raro acume “L’uomo non troverà la pace interiore finchè non imparerà ad estendere la sua compassione a tutti gli esseri viventi”. Il senso della nostra esistenza lo troviamo quindi proprio nell’altruismo. Schweitzer lo scoprì dopo gli studi teologici, tanto che decise di laurearsi anche in medicina per poter svolgere la professione che più di qualunque altra può aiutare il prossimo. Una volta medico si recò in Africa per aiutare gli altri vivendo una seconda vita esclusivamente per il prossimo. “Colui che è stato risparmiato dal dolore – scrive Schweitzer - deve sentirsi chiamato a contribuire a lenire il dolore degli altri… Chi dà la propria vita per gli altri la conserva per l’eternità”. Con queste parole scritte molti anni prima dell’attivismo di Carlo Urbani sembra proprio che il filosofo alsaziano descriva minuziosamente quanto ha fatto il medico marchigiano della sua esistenza. Nel vangelo di Giovanni Gesù dice che la salvezza della vita la si ottiene perdendola per amare il prossimo, perché nel sacrificio estremo si ritrova la vera essenza della propria anima. “L’etica – sostiene Schweitzer – ha in sé l’idea che è necessario diventare attivi per il bene degli altri ed è uomo “etico” colui che si dedica agli altri. Carlo Urbani era quindi un uomo etico. Ma a rafforzare l’importanza di vivere la nostra vita con altruismo, così come ha fatto Urbani, che celebriamo in questa giornata, ci pensa anche il filosofo francese di origini lituane Emmanuel Lévinas. Una delle parti più affascinanti del suo pensiero riguarda la relazione con l’Altro e la sua rivelazione attraverso il volto. Per Lévinas “Nel semplice incontro di un uomo con l’Altro scopro che il mondo è mio nella misura in cui lo posso condividere con l’Altro”. Carlo Urbani rappresenta un esempio concreto da seguire con l’obiettivo di dare un senso alla vita attraverso il vaccino dell’altruismo, che può variare la sua percentuale di efficacia da uomo a uomo, ma che può contribuire a rendere protetta ed eticamente sostenibile l’intera società perché, come dice il monaco buddista vietnamita Tich Nhat Hanh, “Il regalo più prezioso che possiamo fare a qualcuno è la nostra attenzione”. Attenzione che Carlo Urbani continua ad avere nei confronti del prossimo attraverso l’associazione che porta il suo nome e che si impegna a raccogliere fondi per l’acquisto di farmaci, da destinare ad enti e associazioni impegnati costantemente nella cura e prevenzione delle malattie infettive e parassitarie che colpiscono le popolazioni dei Paesi in via di sviluppo, in particolare i bambini; questa Onlus promuove e finanzia corsi di perfezionamento in Italia, nel settore delle malattie infettive e parassitarie, destinati a medici e operatori residenti e operanti nei Paesi in via di sviluppo; organizza e finanzia manifestazioni, mostre e convegni per rendere sempre più forte e sentita, l’esigenza di migliorare l’accesso ai farmaci; concede sovvenzioni, premi e borse di studio intitolate al dottor Carlo Urbani per la prevenzione e la cura delle malattie infettive e parassitarie. “L’opera umana più bella - diceva infatti Sofocle - è di essere utile al prossimo” e Carlo Urbani continua ad esserlo anche oggi.


   

di Luca Falcetta







Questo è un articolo pubblicato il 30-03-2021 alle 19:57 sul giornale del 31 marzo 2021 - 258 letture

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