Una Minoranza Creativa: SANTO (altro), domenica 09 giugno, DOMENICA DI PENTECOSTE - MESSA DEL GIORNO (ANNO C) (Gv 14,15-16.23-26)

Estrapolare la parola SANTO sembrerebbe decisamente scontato, ma non lo è. Nella traduzione che il celebrante proclama, nonché nel nostro linguaggio corrente, “Santo” è aggettivo di “Spirito”. Tuttavia è opportuno prestare attenzione (o devozione!) al testo originale, il quale è molto chiaro ed esplicito circa questo termine.
Il versetto 26 del capitolo 14 secondo Giovanni è letteralmente come segue: “Ma il Paraclito, lo Spirito il Santo (“tò pnèuma tò àgion”). Certamente la santità è anche qualità, ma il senso pieno va oltre il mero attributo. Dire che lo Spirito è “il Santo” significa dare a Questi non una caratteristica, ma ribadire fortemente chi sia.
Nella tradizione ebraica “il Santo” (“Ha Kadosh”) è Adonai. Nel capitolo 6 secondo Giovanni, al versetto 69 troviamo la professione di Simon Pietro il quale afferma che “noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo (“ò àgios”) di Dio”. Come già accennato altre volte, i Vangeli, pur essendo scritti in greco, trasudano lingua, cultura ed impasto ebraico, quindi Pietro disse che Gesù è “Ha Kadosh”.
Tornando al Vangelo odierno, se Gesù chiama lo Spirito “tò àgion”, lo chiama “Ha Kadosh”. Ecco, allora, che torniamo ancora una volta al concetto di Trinità, ed ecco che nella Pentecoste la rivelazione di Dio viene ulteriormente a ribadirsi nel nome del Padre “Ha Kadosh” del Figlio “ò àgios” e dello Spirito “il Santo”.
Nondimeno, allo Spirito il Santo viene accostato un altro termine il quale spesso viene defalcato anche dall’ascolto, e non solo dal commento: “io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro (àllon) Paràclito” (Gv 14, 16).
Tentando di giungere ad una analisi chiarificatrice, ma soprattutto rispettosa della Parola di Dio, è evidente che “altro” può generare riflessioni equivoche, in quanto tale aggettivo presuppone come minino due termini che si raffrontano. La domanda naturale sarebbe quindi: quanti Paraclito ci sono?
Il capitolo 11 secondo Giovanni narra del ritorno alla vita di Lazzaro. In questo passo per due volte si trova in traduzione “consolare” (versetti 19 e 31) che nell’originale greco è espresso col verbo “paramutèomai”. Una osservazione e una domanda. L’osservazione: i consolatori del capitolo 11 (“paramutèomai”) sono i giudei.
La domanda: come mai si usano due termini diversi per “consolare”, ovvero “paràcletos” e “paramutèomai”? Proseguendo l’episodio di Lazzaro del capitolo 11, chi consola pienamente Marta e Maria non sono i giudei, ma Gesù, e pur non essendoci scritto nel testo, Egli è il Paraclito, poiché non si limita ad alleviare (“paramutèomai”), ma si abbraccia al nostro dolore, ne prende parte, se lo carica sulle spalle, e da questo ci salva (“paràcletos”).
Il Paraclito è la consolazione che non è dagli uomini, ma da Dio: “Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?” (Gv 11, 40). Ecco, quindi, che lo Spirito è l’ “altro” Paraclito: Questi è il Padre che rimane con noi per sempre (Gv 14, 16); è la Parola che prenderà dimora presso di noi (Gv 14, 23); è “il Santo” che insegnerà “Ha Kadosh” (che è l’ogni cosa – “pànta”) e ricorderà “ò àgios” (che è il tutto – “pànta”) (Gv 14, 26).
ARTICOLO TRATTO DAL BLOG: https://unaminoranzacreativa.wordpress.com/2019/06/08/santo-altro/

Questo è un articolo pubblicato il 09-06-2019 alle 12:40 sul giornale del 09 giugno 2019 - 230 letture
In questo articolo si parla di cultura, messaggio, articolo, religione cattolica, Fabio Quadrini
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