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L'opera di Giannetto Magrini per i vincitori del Premio Inchiesta 2017

3' di lettura 07/09/2017 - L'opera scultorea intitolata “Scavare”, realizzata dall'artista jesino Giannetto Magrini, sarà consegnata ai vincitori del Premio Inchiesta 2017 nel corso della sesta edizione del Festival del Giornalismo d'Inchiesta, dal 24 al 30 settembre a Osimo, Filottrano, Castelfidardo e Ancona.

L'artista jesino Magrini, un lungo e affascinante percorso artistico alle spalle, è stato scelto dagli organizzatori del Festival per la sesta edizione. Le opere uniche di Giannetto Magrini saranno consegnate ai vincitori del Premio inchiesta 2017, Sigfrido Ranucci (Report – Rai3) e Peter Gomez, direttore del “Fatto quotidiano.it” e di Millennium.

E' consuetudine della rassegna itinerante consegnare ai protagonisti delle serate anche un’opera d’arte che sia espressione della creatività di un figlio di questa terra. Nelle precedenti edizioni, il premio è stato realizzato dall’artista osimano Franco Torcianti, pittore e scultore, autore fra l’altro della monumentale scultura “Opus” (2002). Torcianti ha realizzato per il Festival un’acquaforte, la tecnica in cui è maestro, incisa su lastra di zinco e stampata da lui stesso con torchio a mano su carta Graphia (Cartiera Sicart di Catania).

Quest’anno l’artista Giannetto Magrini, jesino, premierà i vincitori del Festival con la sua opera intitolata “Scavare”, chiaro riferimento al ruolo che dovrebbe svolgere il giornalista d’inchiesta nell'indagare, analizzare i fatti, verificarne le fonti, controllare e portare alla luce elementi positivi ma anche fatti e circostanze poco edificanti. Un lavoro che Magrini ha realizzato con una tecnica molto particolare, che prevede anche l’utilizzo della sabbia. Giannetto Magrini ha compiuto un lungo e complesso percorso artistico cominciato nella seconda metà degli anni Cinquanta, affascinato all’epoca dalle opere giganti di Henri Matisse (Biennale di Venezia, 1956), uno dei maggiori esponenti del Fauvismo, una corrente artistica nata dal pittore simbolista Gustave Moreau, professore alla “Ecole des Beaux-arts” di Parigi, che spinse i suoi studenti a pensare al di fuori del solco della tradizione e a seguire le proprie visioni e le proprie emozioni. Magrini è affascinato dalla ricerca e dalle nuove forme espressive, tanto da sperimentare nel corso degli anni, la commistione artistica e di suggestione tra colori, materiali e tessuti, riuscendo a imprimere alle sue opere un'impronta personale e profondamente introspettiva. Nel 1966-67 realizza le prime composizioni sperimentali, cioè le digitografie, un'anticipazione di quello che sarà lo sviluppo tecnologico di fine millennio. Poi si lancia nelle opere informali (che chiamerà “Strutture immaginifiche”) e nella ricerca del mistero e del miracolo della nascita della vita. Un artista che ha saputo tracciare strade innovative, sempre nell’ambito della sperimentazione, della ricerca e delle avanguardie. Nel 1983-84 scopre per caso vecchi modelli da fonderia, in legno, utilizzati da una fabbrica di macchine agricole di Jesi. Li acquista in blocco e li assembla a suo modo realizzando una serie di originalissime sculture. Con il passare degli anni nell’arte di Magrini emergono anche l’attenzione, l’interesse e l’impegno verso il sociale. Dipinge quadri di grande formato sui temi di attualità, come ad esempio l’immigrazione clandestina.

Negli ultimi anni, un po’ in controtendenza con lo sviluppo tecnologico, punta la sua attenzione sul libro cartaceo. Per Magrini il libro resta il perno del sapere e della cultura e rifiuta l’idea che la tecnologia, l’elettronica e i nuovi strumenti di comunicazione possano trasformarlo in una specie di feticcio. Quasi un percorso alla rovescia per un artista che è stato un innovatore, un precursore dei tempi e un esploratore del nuovo. Negli ultimi anni ha effettuato una nuova sperimentazione utilizzando lastre di rame, ovvero il metallo che, con ogni probabilità, l’umanità usa da più tempo. Magrini lavora il rame con acidi che tracciano sulla lastra macchie casuali che diventano la base per figure fantastiche. Un’intensa attività creativa di oltre sessant’anni sintetizzata in quattro monografie con testi di Vittorio Sgarbi, Armando Ginesi, Gianni Rossetti, Marilena Pasquali, Ruggero Orlando, Filiberto Menna e Arianna Bardelli.


   


di Redazione Vivere Jesi





Questo è un articolo pubblicato il 07-09-2017 alle 22:35 sul giornale del 08 settembre 2017 - 304 letture

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