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L.U.P.O.: 'assemblea a San Francesco, esperienza da corregger e valorizzare'

3' di lettura 04/12/2014 - L’assemblea convocata al chiostro di San Francesco dai sedicenti poveri ha registrato un notevole disinteresse sia delle liste civiche, presenti soltanto con esponenti in sentore di squillo di tromba, sia della maggioranza che ha volutamente snobbato quanti, a torto o a ragione, vengono considerati come portatori di pacchetti di voti decisivi ai trascorsi successi Latiniani.

Le modalità di convocazione e le prospettive di sbocco indicate non hanno incoraggiato la presenza di cittadini “autoctoni” magari altrettanto indigenti. Inoltre la scelta di indire un corteo la mattina dello sciopero generale evidenzia la volontà di marcare una distanza dalla mobilitazione sindacale, che poteva anche essere parzialmente intercettata se la manifestazione cittadina fosse stata spostata per il pomeriggio. Allo stesso modo è stato chiarificatore il deciso rifiuto di ogni confronto con analoghe lotte che vedono protagonisti comitati occupanti, comitati antisfratto e centri sociali.

Abbiamo fatto presente che una logica lobbistica intesa a sindacare assistenzialismo di questi tempi difficilmente paga, non perché la giunta Pugnaloni sia meno clientelare dei suoi predecessori ma perché, anche volendo, non c'è più trippa per gatti: l’offerta supera abbondantemente la domanda. Alcune proposte, come quella di costituire una cooperativa per proporsi in mansioni di supporto alle competenze delle società partecipate possono avere uno sbocco, altrettanto condivisibile la denuncia del cappio imposto dai patti di stabilità.

Ma se si vuole seriamente impostare una vertenzialità sociale occorre farsi soggetto collettivo, non parlare soltanto con l’inflessione napoletana, non precludere possibili sinergie con percorsi che in tutto il paese si scontrano con l’ignobile piano casa di Renzi e soprattutto scordarsi che arruffianarsi con i padroni del vapore di turno risolva il problema delle povertà crescenti. Vista la composizione dei partecipanti (anche se ormai sono storicizzate le ragioni di certa immigrazione interna dalla Campania a Osimo e Montesicuro) ci siamo permessi di ricordare la vecchia esperienza dei Banchi Nuovi come possibile bussola, ovviamente da orientare sulle coordinate odierne .

Giustissimo rammaricarsi di quanti non hanno accolto l’invito perché vergognosi di esternare una condizione di indigenza, ma se si limitano i contatti a conoscenti, commercianti, galoppini dei trascorsi bei tempi che furono e si preclude chi si è stancato di chiedere e comincia a riappropriarsi di ciò che viene negato ai propri bisogni basilari non c’è da sorprendersi della mancata risposta. Malgrado gli evidenti limiti di questa iniziativa, malgrado un certo taglio lumpen-reazionario emerso (insieme ad una tendenza a fare cartello) va rilevata anche una, pur distorta, potenzialità autoorganizzativa che per quanto ci riguarda va valorizzata ed estesa.

Va rilevata una concezione della sfera pubblica dove definire spazi collettivi ma questi, i diritti che lì si difendono o si reclamano, devono essere estendibili, non circoscritti a dinamiche lobbistiche o, peggio, clientelari. Non si tratta di organizzarci per chiedere a chi governa di darci un aiutino in cambio, magari, di una qualche tangibile riconoscenza ma di fare dell’autoorganizzazzione di settori popolari potenza in fieri, capacità di progettazione e mutuo soccorso, riappropriazione di ciò che la lotta di classe vincente dei padroni, sistematicamente ci toglie.






Questo è un comunicato stampa pubblicato il 04-12-2014 alle 12:10 sul giornale del 05 dicembre 2014 - 359 letture

In questo articolo si parla di politica, osimo, l.u.p.o.

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