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L.u.p.o., 'I cittadini di Passatempo aiutino i lavoratori della Best'

presidio best osimo 4' di lettura 07/11/2011 -

Gli avvenimenti di questi ultimi mesi ci confermano le nostre previsioni su un picco di disoccupazione, a livello di massa, che colpirà il nostro paese e più in generale l’area sud dell’eurozona. 



Gli indici che vengono oggi segnalati sono già falsati in quanto comprensivi del lavoro ultra -precarizzato e degli ammortizzatori sociali, destinati a finire. E intanto si continua a consentire libertà di movimento ai capitali, alle multinazionali ed alle grandi imprese che delocalizzano.

Il caso della Best di Montefano, produttrice di motorini per cappe e caldaie, è purtroppo emblematico: un gruppo straniero, che fa riferimento alla americana Nortek ha ritenuto da tempo più convenienti i salari polacchi ed in barba a tutte le promesse fatte fino a questa estate di nuovi investimenti in Italia, alle rassicurazioni concesse ai sindacati ed ai lavoratori, ha chiuso lo stabilimento. Lo ha fatto probabilmente contravvenendo alle stesse norme liberiste che consentono di delocalizzare, approfittando del ponte festivo per far entrare camion sui cui sono stati caricati nottetempo macchinari e stampi che sono stati mandati in fretta e furia oltredogana, non dopo aver cambiato le serrature degli ingressi, un’operazione in stile banda bassotti. Il totale sganciamento della proprietà dal territorio, l’estraneità di manager e dirigenti al tessuto sociale ha consentito loro di agire con la massima arroganza e la frode più viscida.

Ora i circa 130 lavoratori sono in mezzo ad una strada, letteralmente, per via del presidio ad oltranza davanti ai cancelli - al quale invitiamo i cittadini di Passatempo e gli osimani tutti ad unirsi e portare solidarietà - ed anche perché sarebbero privati della cassa integrazione, come annunciato con tronfia tracotanza dalle lettere di licenziamento; a meno di un intervento straordinario della regione, degli enti locali e delle istituzioni spetterebbe loro la sola mobilità e la prospettiva della disoccupazione.

I segnali delle intenzioni dell’azienda erano chiari da qualche anno, da quando furono eliminati dai circa 250 dipendenti un centinaio tra lavoratori interinali ed altri “esuberi”, si intuivano dal progressivo disinteresse per investire nell’impianto di Montefano e forse sono state inizialmente sottovalutate

Ora riteniamo che debbano prodursi forme di lotta adeguate a riportare le pressioni degli operai e delle operaie sul territorio, che vada perseguito il coinvolgimento di tutte le sedi, locali e governative, opportune per assegnare comunque la cassa integrazione e la prospettiva di una ricollocazione lavorativa, che vadano indagate e perseguite eventuali e probabili pratiche illegali della Best nel portare a termine questa operazione, disponendo anche una rivalsa possibile con l’esproprio dell’immobile che risulta di proprietà del gruppo. Serve anche la solidarietà dei cittadini e degli altri lavoratori, a cominciare dai loro colleghi di Cerreto d’Esi.

Se questa crisi la si lascia gestire al mercato, ai monopoli finanziari ed alle banche, a cominciare dalla BCE, i casi come questi si moltiplicheranno arrivando alla disoccupazione di massa, almeno fino a quando i nostri stipendi non competeranno con quelli polacchi o moldavi. Occorre un forte intervento pubblico (inteso come interesse collettivo) che promuova l’esproprio e la gestione operaia dei settori in crisi, che proceda al blocco di impianti e capitali per quei proprietari d’impresa che vogliono delocalizzare, che dispensi galera anziché incentivi per chi delocalizza.

Recuperare sovranità nazionale e popolare, nazionalizzare le banche, uscire dall’Euro per orientarsi verso un’area di scambio tra paesi più omogenei, quelli dell’area euromediterranea, tornando a monete nazionali, ricusare il debito, cambiare paradigma produttivo con il fine dell’utilità sociale anzichè della crescita compulsiva finalizzata al profitto. Tutte misure drastiche che comporteranno sacrifici, ma potranno farci uscire dalla crisi sulla via di un nuovo socialismo, nell’interesse delle classi popolari. Se ne usciamo invece come vogliono i grandi gruppi come Nortek, la BCE, Il FMI saranno lo stesso sacrifici fino a quando i nostri stipendi e le garanzie sociali non saranno scese al livello dei paesi che oggi attirano investimenti, ma saranno sacrifici nell’interesse esclusivo delle classi dominanti.






Questo è un articolo pubblicato il 07-11-2011 alle 20:34 sul giornale del 08 novembre 2011 - 771 letture

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