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Pellegrini (DS): La storia dell’ospedale di San Sabino in VI atti

11' di lettura 30/11/-0001 -
"Quando a settembre si dovrà fare il nuovo accordo di programma per recuperare i fondi revocati, si deve reinserire l’ospedale di rete di San Sabino, con o senza INRCA, perché il vincolo dei 250 posti letto non esiste più."

di Mauro Pellegrini
consigliere DS


ATTO I – La Regione Marche ci fa sapere dalla stampa che sull’ospedale di rete di San Sabino ha idee nuove

Come è ormai noto a tutti, per il progetto del nuovo ospedale di rete - localizzato a San Sabino di Osimo perché baricentrico rispetto ai Comuni limitrofi di Castelfidardo, Loreto e Recanati - le comunità locali e le stesse Amministrazioni regionali di centro e di sinistra si sono battute per oltre venti anni. Dopo una infinita serie di ostacoli e di difficoltà, oggi finalmente siamo ad un passo dal traguardare l’importante obiettivo.

Per la realizzazione di tale importante opera pubblica la Regione Marche e l’ASUR, ricorrendo anche allo strumento della finanza di progetto, hanno già espletato un bando di gara, il consorzio “Osimo salute” ne è l’aggiudicatario, il permesso di costruire è già stato rilasciato dal Comune di Osimo e sul cantiere svettano già le prime gru.

In questo quadro e giunti a questo punto, leggiamo allibiti le dichiarazioni sulla stampa di Spacca, Mezzonali e Favia che paventano soluzioni diverse all’ospedale di rete, e nell’ordine:

a) l’INRCA a San Sabino invece dell’ospedale di rete

b) un progetto mediano tra l’ospedale di rete e l’INRCA

c) spostare l’IRCA e l’ospedale di rete all’Aspio;

Sentiamo subito puzza di bruciato: rimescolare le carte in tavola a questo punto, significa soltanto condannare i cittadini che risiedono nella zona a sud di Ancona a non avere una struttura sanitaria degna di questo di nome. E tutto questo nonostante che i Comuni di Osimo e Castelfidardo abbiano già pagato un prezzo: Castelfidardo ha visto chiudere il proprio ospedale e Osimo ha perso il Muzio Gallo.

ATTO II – La Regione Marche ci spiega

Lunedì 2 luglio hanno partecipato alla Commissione consiliare “Sanità” del Comune di Osimo l’Assessore regionale Mezzolani, il dirigente regionale del servizio dott. Ruta, e il direttore dell’INRCA dott. D’Aprile che ci spiegano quanto segue:

a seguito dell’accordo siglato dalla Regione Marche con il Ministero della Sanità, nelle Marche avrà sede una Agenzia nazionale della Terza età; questo progetto richiede però lo spostamento dell’attuale sede dell’INRCA dalla “Montagnola”(Ancona);

La nuova sede dell’INRCA dovrebbe essere collocata comunque entro il comprensorio di Ancona: la Baraccola o l’Aspio; Oltre alla realizzazione della nuova sede INRCA, lì accanto (e non più a San Sabino) potrebbe sorgere l’ospedale di rete; nell’area di San Sabino sorgerebbe invece un Poliambulatorio;

Si rende necessario legare la realizzazione dell’ospedale di rete (previsione di 120 posti letto) alla nuova sede INRCA per ovviare all’ostacolo rappresentato da una disposizione della Finanziaria 2005 per l’anno 2006: ovvero non possono costruirsi nuovi ospedali se non hanno almeno 250 posti letto.

In questo modo, sorgendo l’ospedale di rete in zona Aspio accanto all’INRCA, questo ostacolo sarebbe bypassato; L’appalto dei lavori dell’ospedale di rete e il relativo contratto di project financing che ha in tasca il consorzio di imprese aggiudicatario “Osimo Salute”, sarebbe trasferito sic et simpliciter nella nuova sede (l’Aspio); Dateci un mese di tempo (dice la Regione) per vagliare meglio la fattibilità dell’operazione; se non si può fare, l’ospedale di rete si farà a San Sabino;

proveremo a risolvere il problema dei 250 posti letto facendo risultare l’ospedale di rete di San Sabino come funzionalmente integrato con l’Azienda ospedaliera Umberto I di Ancona, ma riteniamo che convincere il Ministero su questo punto non sarà facile;

ATTO III – LA Regione Marche non ce la racconta giusta

La versione della Regione però non ci convince né punto né poco.

La storia del finanziamento dell’ospedale di rete di San Sabino è molto complessa, ma per comprendere a fondo le discussioni di questi giorni, bisogna entrare nel merito nella vicenda.

Il finanziamento dell’ospedale di San Sabino trova il suo presupposto nell’art. 20 della legge finanziaria del 1988; il meccanismo per accedere ai soldi è abbastanza semplice: occorre un accordo di programma tra La Regione e il Ministero della Salute, e così è stato fatto anche per l’ospedale di rete (anno 2002).

Arriva poi la finanziaria per l’anno 2006 che in estrema sintesi dice 4 cose:

Nel completamento del proprio programma di investimenti in attuazione dell’articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni, le regioni destinano le risorse residue finalizzate alla costruzione, ristrutturazione e adeguamento di presidi ospedalieri con almeno 250 posti letto (comma 285);

Gli accordi di programma sottoscritti dalle regioni per attivare gli investimenti si intendono risolti – e dunque i relativi impegni di spesa revocati – se le Regioni non si sono attivate nel richiederne il finanziamento entro un certo termine (comma 310)

Le risorse resesi disponibili a seguito della risoluzione degli accordi di programma pregressi, potranno essere riattivate dalle Regioni con nuovi accordi di programma. In particolare, tra le altre cose, dovranno essere privilegiati gli investimenti in determinati settori, tra cui gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (vedi INRCA) (comma 311);

Tuttavia le Regioni possono chiedere che la revoca degli impegni di spesa sia limitata al 65%: dunque possono attivare sin da subito il 35% dei fondi (comma 312)

A questo punto la domanda che ci pone è la seguente: ma i soldi dell’ospedale di rete rientrano o no nella procedura di revoca disposta dalla Finanziaria?

Per comprendere il quesito, leggiamo la Circolare esplicativa del ministero della Salute dell’8 febbraio 2006 che così recita: “Si precisa che non si applica il limite dei 250 posti letto, e quindi si procederà all’ammissione del finanziamento, per quegli interventi per i quali entro il 31 dicembre 2005 sia già stata trasmessa la relativa richiesta.

Per quanto riguarda gli interventi per i quali non sia stata presentata la richiesta di ammissione al finanziamento entro il 31 dicembre 2005 ma per i quali risulti entro tale data formalmente commissionata la progettazione da parte degli enti attuatori, si richiede alle Regioni di far pervenire entro 30 giorni dalla presente nota, un elenco dettagliato degli stessi, indicando per ciascuno gli estremi del provvedimento del conferimento dell’incarico di progettazione.

Si ritiene opportuno precisare che per presidio ospedaliero si intende un complesso ospedaliero che può riunire anche più strutture o stabilimenti”.

Come è facile comprendere, l’intervento dell’ospedale di rete ha tutte le carte in regola per non essere toccato dalla revoca dei finanziamenti per via dei 250 posti letto (quello di San Sabino ne prevede 120), ma così non accade.

Dal decreto Ministeriale del 12 maggio 2006, si evince infatti che per le Marche le cose stanno in questi termini: il totale dei fondi revocati è di 85 milioni di euro e tra questi pure i 10 milioni di euro a carico dello Stato per l’ospedale di rete di San Sabino.

Una prima questione da affrontare e una domanda da porre alla gestione, precedente e attuale, della Giunta regionale è la seguente: per quale motivo i soldi dell’ospedale di rete sono caduti nella mannaia della finanziaria 2006 quando invece vi erano tutti i presupposti affinchè ciò non accadesse? Forse la pratica qualcuno se l’è dimenticata in qualche cassetto della Regione?

Ma andiamo avanti nella storia. La Regione può sempre attivare il 35% dei fondi (quasi 30 milioni di euro), ed infatti ottiene i relativi finanziamenti con il Decreto Ministeriale 12 ottobre 2006. Tra questi ovviamente non ci sono i soldi dell’ospedale di rete di San Sabino.

A questo punto però, per recuperare i fondi inizialmente previsti, è sufficiente che la Regione faccia un nuovo accordo di programma con il Ministero. Vi è però sempre il problema dei 250 posti letto, anche se potrebbe essere bypassato, come abbiamo visto dalla Circolare ministeriale, considerando l’ospedale di rete aggregato ad altra azienda ospedaliera.

ATTO IV – Le vere intenzioni della Regione Marche

E arriviamo ai giorni nostri. Perché la vicenda dell’ospedale di rete sia stata gettata sulla stampa collegata alla realizzazione della nuova struttura dell’INRCA è ormai chiaro: una volta revocato il finanziamento dell’ospedale di rete, si poteva sempre dire agli osimani che c’era il vincolo dei 250 posti letto. Pertanto i relativi fondi potevano essere riattivati e utilizzati, secondo la stessa previsione della finanziaria 2006 (comma 311) per la nuova sede INRCA.

L’idea era semplice quanto chiara (e maldestra): poiché la ditta “Osimo Salute” l’appalto se lo era già aggiudicato, bastava trasferire il contratto da un’opera all’altra: a San Sabino l’INRCA invece dell’ospedale di rete. Il Comune di Ancona però non ci sta a vedersi portare via l’INRCA a 20 KM di distanza, e pertanto insorge, così come quelli a sud di Ancona non ne vogliono sentir parlare che l’ospedale aspettato da vent’anni non si farà più.

ATTO V – La Regione Marche tenta una mediazione

Come mediazione tra gli interessi in gioco, evidente anche dalle confuse quanto contraddittorie dichiarazioni rilasciate dalla Giunta regionale, esce fuori la proposta di questi giorni: portare l’INRCA all’Aspio (accontentando Ancona) e in più si promette che accanto sorgerà l’ospedale di rete (per calmare gli animi di Osimo e Castelfidardo).

ATTO VI – La Regione non l’ha racconta tutta

Però tutto il castello montato dalla Regione casca inesorabilmente per questa semplice ragione: il famigerato comma 285 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006) secondo la quale «Nel completamento del proprio programma di investimenti in attuazione dell’articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni, le regioni destinano le risorse residue finalizzate alla costruzione, ristrutturazione e adeguamento di presidi ospedalieri ad interventi relativi a presidi comprensivi di degenze per acuti con un numero di posti letto non inferiore a 250 ovvero a presidi per lungodegenza e riabilitazione con un numero di posti letto non inferiore a 120, nonché agli interventi necessari al rispetto dei requisiti minimi strutturali e tecnologici dei presidi attivi avviati alla data del 31 dicembre 2005 stabiliti dall’atto di indirizzo e coordinamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 42 del 20 febbraio 1997» è stata dichiarata incostituzionale dalla Consulta con sentenza n. 105 del 19 marzo 2007. Ma vediamo insieme il passaggio più saliente della sentenza:

“ Con riferimento all'evocata competenza statale sulla fissazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA), si deve osservare che la norma censurata disciplina la destinazione delle risorse residue finalizzate all'edilizia sanitaria, nell'ambito del programma di investimenti di cui all'art. 20 della legge n. 67 del 1988. Un intervento statale teso a fissare, nella materia dell'edilizia sanitaria, un limite indiretto all'autonomia regionale, giustificato dall'esigenza di fornire il servizio sanitario mediante strutture di dimensioni previste da norme nazionali, mal si concilia con il carattere residuale delle risorse cui la norma censurata si riferisce e si pone in contrasto con la necessaria generalità di una previsione di LEA ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.

Lo stesso atto di indirizzo e coordinamento citato dal resistente si riferisce ai requisiti minimi strutturali, tecnologici ed organizzativi, ma non determina la soglia minima dei posti letto che dovrebbero avere i presidi ospedalieri per essere destinatari di finanziamenti. Il richiamo a tale atto, da parte della difesa dello Stato, con riferimento alla dimensione degli ospedali, in termini di posti letto, non è quindi pertinente (…) In conclusione, il comma 285 dell'art. 1 della legge finanziaria 2006 si pone in contrasto con gli art. 117, terzo comma, e 119, terzo comma, Cost.”

Contestualmente cade pure la previsione del comma 311 nella parte in cui indica le linee di intervento in base alle quali dovranno essere utilizzati i fondi.

Ma tale circostanza la Regione Marche la ignorava o l’ha colpevolmente taciuta?

Morale (provvisoria) della storia

se il finanziamento dell’ospedale di rete è stato revocato, lo si deve solo alla dabbenaggine della Regione Marche;

quando a settembre si dovrà fare il nuovo accordo di programma per recuperare i fondi revocati, si deve reinserire l’ospedale di rete di San Sabino, con o senza INRCA, perché il vincolo dei 250 posti letto non esiste più.

   

EV




Questo è un articolo pubblicato il 30-11--0001 alle 00:00 sul giornale del 11 luglio 2007 - 1845 letture

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