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Veneziani: tra Occidente e Oriente uno ''scontro di inciviltà''

7' di lettura 30/11/-0001 -
Marcello Veneziani, scrittore, giornalista ed ex consigliere d’amministrazione della Rai, ha presentato il suo ultimo libro “Contro i barbari”, giovedì 12 aprile, presso la Sala Consiliare del Comune di Filottrano.

di Claudia Caprari
redazione@vivereosimo.it


Serata all’insegna della cultura e della riflessione sulla civiltà quella organizzata dall’Associazione politico-culturale “Grandangolo” di Filottrano, che ha promosso l’incontro-dibattito con il giornalista e scrittore Marcello Veneziani, autore del libro “Contro i barbari”.

La riflessione si è sviluppata intorno a temi quali la tradizione, la civiltà e il loro significato in Occidente, senza tralasciare un’analisi scrupolosa dei pericoli che ne minacciano l’integrità e la dignità; interessante inoltre la perspicace ed innovativa analisi di quello che oggi viene comunemente definito “scontro di civiltà”.

A dare avvio al confronto l’Avv. Roberto Paradisi, collaboratore di Veneziani nella stesura del libro, il quale ha introdotto uno dei temi cardine della serata, quello dello scontro tra civiltà, con un taglio originale, di spiccata attualità, ossia con un riferimento a “300”, film uscito poche settimane fa nelle sale, che racconta la battaglia delle Termopili, nella quale poche centinaia di Spartani affrontano, in una battaglia cruenta e sanguinosa, il corposo esercito Persiano.

Questo evento storico, riproposto poi sullo schermo, con tutto l’eccesso e l’enfasi della rappresentazione che Hollywood richiede, in realtà rappresenta lo scontro tra la civiltà occidentale, la civiltà di Eraclito e dei greci, del logos, della polis, dell’etos, della legge della natura, dei valori della patria e della famiglia e quella orientale, misterica, selvaggia, unita solo dalla paura del tiranno, che attua in modo arbitrario il potere, in una dimensione sradicata che trascende la civiltà.

Il richiamo al film è utile anche per sottolineare come la nostra società sia sempre pronta a chiedere perdono e a giustificare le proprie scelte: i produttori del film hanno dovuto presentare le proprie scusa al presidente Iraniano, che li accusava di proporre con quel film un’interpretazione falsata, eccessivamente cruenta della civiltà del suo paese.

Paradisi sottolinea con forza quanto sia sbagliato e avvilente aver paura di difendere la nostra civiltà, le nostre radici, la nostra identità e che sia invece oppurtuno porsi verso la comunità islamica non a livello di supremazia, quanto in modo paritario, senza doverci vergognare delle nostre origini che nascono millenni fa, dalla cultura greca, romana e cristiana.

L’attenzione però non deve essere rivolta solo all’esterno, perchè i pericoli non sono soltanto di carattere esogeno, ma anche di carattere endogeno, ed è quindi necessario riconoscere le barbarie che minano la civiltà occidentale dall’interno: “barbari” sono anche coloro che seguono una logica progressista con l’intento di sradicare l’etica della civiltà, sono coloro che disgregano e non riconoscono, con tendenza nichilistica al nulla eterno, i valori e i punti di riferimento “classici”, quali sono ad esempio la Chiesa e la cristianità, da intendere non come base di uno stato confessionale, quanto come patrimonio culturale, storico e religioso.

La barbarie inoltre non è sempre individuabile nella violenza fisica o nell’uso delle armi: essa si attua anche con forme di razzismo etico, di intolleranza verso altre idee, di insensibilità di fronte alla bellezza e all’intelligenza.

A questo punto a prendere la parola è Marcello Veneziani, che prosegue la riflessione aprendo una breve parentesi nella quale chiarisce la natura del suo libro, sottolineando che esso non è stato concepito con i crismi di testo scientifico o all’insegna della bibliografia; si tratta piuttosto di un libro pensato con la logica di lungo redazionale e si presenta come come un pamphlet, un’osservazione della realtà.

Veneziani non descrive il tramonto dell’Occidente, né propone l’ultima di una lunga lista di necrologie, delle quali abbiamo eccellenti ed impeccabili esempi nel Novecento.

L’intento è quello di riconoscere le difficoltà e le minacce che incombono sulla nostra civiltà e che possono essere individuate in due punti fondamentali: il terrorismo, fanatismo islamico e il benessere, quello che Veneziani definisce la “barbarie benestante accessoriata”.

Il primo è facilmente comprensibile ed è riconoscibile nei cosiddetti “nemici dichiarati” che ormai da qualche anno reiteratamente, con la stessa logica e kabala delle date, attaccano i luoghi più rappresentativi della nostra civiltà e che pretendono di rappresentare tutto l’Islam.

Il secondo pericolo è costituito da una cultura tecnologicamente avanzata, che ostenta un alto indice di vita ma allo stesso tempo è incapace di metterlo in accordo con la propria civiltà.

Secondo Veneziani, nonostante gli eventi sanguinosi che dal settembre del 2001 hanno segnato il corso della storia dell’Occidente, non è possibile affermare di trovarsi di fronte ad uno scontro tra Islam e Cristianità: il fondamento e il pretesto dello scontro non è la civiltà, quanto la supremazia economica e militare, gli interessi territoriali e gli imperativi coloniali.

Il contrasto inoltre non nasce da tutto il mondo dell’Islam, ma da un cerchia di fanatici estremisti che pretendono di porsi come portavoce di tutta la civiltà orientale. Il resto dell’Islam in realtà ci guarda con diffidenza, antipatia, magari, ma non ci attacca.

Intimoriti da questa minaccia sarebbe facile condividere la visione netta e perentoria di Oriana Fallaci che vede tutto l’Islam come nemico, e ancora più facile sarebbe accogliere la sua proposta di attaccare l’Islam e rispondere alle sue provocazioni. Accettare questa proposta risulta però inaccettabile da un punto di vista politico, perché porterebbe ad una situazione impraticabile ed estrema.

Se ci pensiamo bene la vera guerra non è stata dichiarata alla cristianità, perché se così fosse stato gli obiettivi colpiti dai kamikaze sarebbero stati ben altri; la guerra è rivolta alla derivazione laica e secolare del cristianesimo, rappresentato dagli Usa e dai suoi alleati. Ecco il motivo per cui non si può parlare di scontro di civiltà, ma di inciviltà.

Nonostante questo conflitto, Veneziani dichiara che, paradossalmente, si può riscontrare un esito positivo: la nostra cultura ha riscoperto la possibilità e il piacere di parlare di civiltà, un concetto che nell’epoca della globalizzazione costituiva una sorta di anticaglia o di reliquia della quale non ci si interessava più.

Civiltà intesa come capacità di vivere il mondo con lo sguardo del passato per creare il futuro, che ci annoda alle tradizioni culturali, civili, religiose; civiltà è il senso di essere europei, mediterranei, è il modo per legarci alle radici della nostra identità; un concetto che non è sinonimo di opulenza, tecnologia, benessere, simboli piuttosto di “civilizzazione”, perché l’uomo non vive solo per lo scambio, ma anche per attività gratuite che non danno utile pratico ed economico.

È fondamentale recuperare il senso di civiltà, perché troppo spesso l’Occidente è stato testimone, e artefice, di un rigetto della civiltà e di un ritorno al primitivo, alla visione istintiva della vita; la tendenza più forte è stata quella di invertire i valori della sfera pubblica con quella privata, arrivando ad esibire il sesso e ad inibire il crocifisso, gli orientamenti culturali.

È il senso di vergogna e il bisogno di chiedere perdono per i propri errori che opprime la nostra civiltà, che bisogna però abbandonare, dice Veneziani, per il semplice fatto che la memoria non va cancellata e il passato non va negato perché la forza di un popolo sta anche nella sua capacità di sopportare le “croci” degli errori e di superarli.

Il principio primo di una civiltà sostiene che niente è cominciato con noi e niente finirà con noi; siamo solo un anello di una grande catena e come tale dobbiamo dimostrare amore per le origini, desiderio di mantenerle e di rielaborarle, in un ottica di patriottismo di civiltà, cioè nella consapevolezza di quello che siamo

. Ignorare o negare la propria identità e le proprie origini significa non avere nulla di significativo da offrire agli altri: ecco che un dialogo tra civiltà che non hanno nulla da proporre diventa un confronto tra nullità, che produce il nulla.

Recuperare la civiltà per recuperare un’idea di comunità, di dimensione corale, contro il soggettivismo: questo è il monito e l’invito appassionato che Marcello Veneziani propone al pubblico con il suo libro; un invito ad avere la forza di reagire per dare senso a quello che facciamo.





Questo è un articolo pubblicato il 30-11--0001 alle 00:00 sul giornale del 19 aprile 2007 - 1165 letture

In questo articolo si parla di cultura, incontri pubblici, filottrano

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